Rifiuti, i numeri della crisi italiana
Il 12% dei rifiuti italiani si accumula «senza indirizzarsi né sulla via del riciclo né dello smaltimento perché non ci sono abbastanza impianti»: lo spiega uno studio di Ref Ricerche, think tank di analisi energetiche e ambientali, citato oggi dal Sole 24 Ore.
Stando allo studio di Ref Ricerche, in Italia manca un numero adeguato di impianti «di selezione, di rigenerazione, di trattamento e poi di ricupero energetico necessari per raggiungere il 65% di riciclo che chiede l’Europa e per scendere sotto al 10% di smaltimento in discarica»; la ricerca offre anche numeri chiari sulle possibili soluzioni: servirebbero «nuovi impianti per il riciclaggio dei rifiuti organici per almeno 2,3 milioni di tonnellate l’anno e nuovi impianti di incenerimento per smaltire circa 1,7 milioni di tonnellate l’anno in più. In numero di impianti, almeno 53 nuovi impianti di digestione anaerobica, e almeno 4 impianti di incenerimento (un impianto in Campania di dimensioni pari a quelle di Acerra e uno di dimensioni equivalenti in Sicilia, uno di media grandezza a servizio delle regioni del Centro e uno in
Sardegna)».
Sul fronte del trattamento rifiuti la realtà delle diverse aree del Paese si presenta particolarmente discontinua: se il nord raggiunge un sostanziale equilibrio (con il caso virtuoso della Lombardia, al +3,1%, e del Friuli Venezia Giulia, +2,1%), al centro si registra un -16,4%, mentre il deficit impiantistico del sud porta a un passivo del 27,4%. A livello regionale «i peggiori sono la Liguria (con un deficit drammaticamente al -21,3%), il Lazio (-22,6%), il Molise (-37%) e la terrificante Sicilia (-49,6%)».
Dallo studio si scopre inoltre che nemmeno la costante crescita della raccolta differenziata riesce a migliorare la tendenza: guardando ai dati complessivi, infatti, «tra il 2014 e il 2016 la produzione di rifiuti urbani in Italia è aumentata del 3%», provocando problemi di smaltimento sempre più seri agli impianti esistenti.