Inquinamento, dito puntato su traffico e riscaldamento
I dati diffusi da Regione Lombardia confermano che gli impianti di termovalorizzazione incidono in misura minima sulla qualità dell’aria
A seguito dell’emergenza smog che ha colpito la Pianura padana durante il mese di dicembre, il 12 gennaio scorso il presidente Maroni ha convocato il Tavolo istituzionale Aria – che riunisce gli enti locali lombardi insieme alle associazioni di categoria – per condividere lo stato dell’arte e per individuare le misure più idonee per affrontare le emergenze e per sostenere gli interventi strutturali più adatti per riportare l’inquinamento locale entro i limiti di legge.
La lista delle sostanze inquinanti incluse nella direttiva europea sulla qualità dell’aria (direttiva 50/2008) comprende tra gli altri il particolato (PM10), per il quale è previsto un tetto per le concentrazioni giornaliere pari a 50 microgrammi per metro cubo (µg/m3) da non superare più di 35 volte in un anno, e il biossido di azoto (NO2), il cui limite medio annuo è fissato a 40 µg/m3.
La presenza di particolato e biossido di azoto viene sottolineata in quanto i due inquinanti hanno visto nel recente passato l’apertura di procedure d’infrazione da parte della UE per i continui sforamenti rilevati in seguito ai controlli sulla qualità dell’aria.
In Lombardia, secondo i dati di ARPA Lombardia, il massimo apporto all’inquinamento atmosferico in termini di particolato fine primario (ossia immesso tal quale nell’aria) è generato per il 45% dal riscaldamento domestico (quasi esclusivamente dalla combustione di legna), per il 25% dal traffico veicolare su strada e in misura minore da altri settori come l’agricoltura (che si attesta al 6,7%) e dai processi produttivi (4,9%).
In termini invece di inquinamento atmosferico da ossidi di azoto (NO2), il principale responsabile è il trasporto su strada (in particolare le motorizzazioni diesel) per il 52% e il riscaldamento per il 10%.
In questo scenario, il contributo dell’intero settore del trattamento e smaltimento rifiuti contribuisce per appena lo 0,4% rispetto alle emissioni di PM10 e per il 2,9% per quanto riguarda gli ossidi di azoto: un contributo inquinante particolarmente ridotto e limitato rispetto ad altre fonti inquinanti ben più dannose per l’ambiente e per la salute umana.
I dati offrono quindi una conferma sull’affidabilità dei controlli e degli interventi che gli operatori del settore continuano a portare avanti da anni, rivelando la strumentalità delle polemiche sollevate ciclicamente in relazione alla sostenibilità dei processi ambientali promossi dalle strutture preposte alla termovalorizzazione dei rifiuti e in particolare degli impianti che permettono al territorio di ammortizzare le emissioni inquinanti attraverso l’offerta del teleriscaldamento come efficace alternativa per il riscaldamento domestico.
I dati diffusi da Regione Lombardia